Siria, un paese che brucia

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Alti funzionari statunitensi hanno scritto di recente che la “vittoria” in Libia della NATO è stata un “intervento modello”. “La prima lezione è che la NATO è ben posizionata per rispondere rapidamente ed efficacemente alle crisi internazionali” ha detto l’ambasciatore Usa nella NATO, Ivo H. Daalder.

Ma quello che era un modello lo è anche per altri Paesi? Non la Siria, a quanto pare, e non è chiaro perché no. La NATO rispose rapidamente a un “deterioramento della situazione” – suona così anche per la Siria – “che minacciava centinaia di migliaia di civili che si erano ribellati a un regime oppressivo”. Tutto lascia pensare che i due eventi siano sovrapponibili, ma per la Siria non si vede la luce. Il regime del presidente siriano Bashar al-Assad ha ucciso circa 10.000 civili che hanno preso parte alla pacifiche proteste pro-democrazia cominciate 15 mesi fa.

 

La NATO avrebbe più di un interesse a disinnescare la crisi della Siria così come fece in Libia. La Turchia, un membro della NATO, è al confine della Siria e rischia da vicino la violenza nel suo territorio. Altre nazioni sono minacciate, come il Libano. La Libia è di modesta importanza strategica, mentre la caduta del regime di Assad, il principale alleato dell’Iran nel mondo arabo, avrebbe vantaggi strategici per gli Stati Uniti, Israele e per tutti gli altri che non vogliono che l’Iran diventi una potenza nucleare.

Eppure, al vertice dei capi della Nato a Chicago, nessun leader ha sollevato il tema della Siria, ha detto Daalder. “Siamo molto preoccupati per la situazione in Siria” ha spiegato Anders Fogh Rasmussen, Segretario generale della NATO, “ma l’alleanza non ha alcuna intenzione di intervenire”.

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Perché no? Cosa è successo all’ “intervento modello” di solo un anno fa? Gli Stati Uniti tergiversano. In verità, i leader di Francia e Gran Bretagna spronato gli Stati Uniti all’azione, ma è vero che l’azione libica non avrebbe avuto luogo senza la promessa di sostanziale sostegno degli Stati Uniti. In Siria, quella promessa non c’è mai stata.

C’è il problema della Russia, che finora si è detta contraria a qualsiasi intervento armato delle forze della NATO. Perché? La Russia non è legata ad Assad, ma è legata al regime e alle sue basi navali situate a Tartus. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, la Russia ha continuato a essere il maggior fornitore di armi della Siria, motivata, secondo le dichiarazioni ufficiali del governo di Putin, dalla necessità dell’esercito siriano di difendersi da eventuali attacchi di forze straniere e non dall’uso delle stesse armi contro i manifestanti contrari al regime. Questo è il motivo per cui la Russia continua a essere un ostacolo sulla via di una qualsiasi azione guidata o condanna significativa delle Nazioni Unite.

Non è mistificante chiederci perché. La posta in gioco sono le condizioni umanitarie che sono importanti in Siria così come lo erano in Libia. Come con la Libia, la NATO potrebbe sostenere l’opposizione siriana, senza mettere a rischio le proprie truppe. E l’alternativa all’azione NATO in Siria può diventare una vittoria, anche se ottenuta più lentamente, verso la democrazia, purché sia impedito un ritorno alla stabilità del regime di Assad. Oggi il conflitto in Siria si è fatto più violento, e potrebbe degenerare in vera e propria guerra settaria, una guerra che potrebbe coinvolgere la Turchia, il Libano e l’Iraq, dando ad al-Qaeda un’opportunità per approfittare mortalmente di queste eventi.

Il presidente Obama e i suoi alleati non possono sottrarsi a questo problema a tempo indeterminato. Nel frattempo la Siria brucia e lo spazio per una nuova democrazia si fa sempre più piccolo e vuoto.

 

 

Siria, un paese che brucia

La rivoluzione siriana tra fantasia, mitologia e reality

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Leggendo le memorie del defunto Najat-Kassab Hassan, un celebre avvocato di Damasco, non si può fare a meno di fermarsi a rileggere una storia particolare dei giorni della Rivoluzione siriana contro i francesi nel 1940.

La storia inizia con l’inviato francese a Damasco che decide di punire i commercianti della città che sostengono i rivoluzionari: ordina loro di lasciare i negozi e che restino aperti durante la notte, facendo perdere la loro unica fonte di reddito e mettendola a disposizione di ladri e saccheggiatori.

Nel tentativo di contenere la situazione, i mercanti di Damasco chiedono un incontro con il capo dei ladri di Damasco e riferiscono a lui la storia. Il leader dei ladri si alza e giura che nessuno dei suoi uomini ruberà niente dai negozi aperti quella notte, poiché ladri e mercanti sono uniti contro il nemico colonizzatore.

Kassab Hassan conclude la storia con un commento, affermando che l’autenticità della storia è molto dubbia, perché i ladri – per la natura della loro professione – non si uniscono o eleggono un leader per negoziare. Egli continua a spiegare che questo racconto faceva parte del folclore che la gente di Damasco ha trasmesso alle giovani generazioni come un modo di celebrare i giorni di gloria, di eroismo e di unità nazionale contro la colonizzazione.

Questa storia merita una moderna lettura, nonché un confronto con gli eventi attuali: la Rivoluzione contro il regime siriano di Assad. La spinta della Rivoluzione, che ha preso tutti di sorpresa, e la sincerità dei manifestanti pacifici e dei loro slogan intelligenti, ha portato molti a idolatrare la Rivoluzione. È stata chiamata la “madre di tutte le rivoluzioni” e l’ “evento unico che mette insieme tutti i siriani”.

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Gli eventi che accelerano, e anzi il coraggio incredibile del popolo siriano, hanno tirato fuori il meglio in molti degli arabi. Essi hanno anche generato un flusso incredibile di creatività, di grande impatto nelle opere artistiche e nei media, e soprattutto, ha infranto il tabù di discutere questioni chiave nella società di oggi.

La rivoluzione non è mai stata priva di scene di croci e mezzelune unite insieme, i loghi che indicano l’unità nazionale, o slogan di solidarietà con città e villaggi a centinaia di chilometri di distanza. Si è vista la nascita di una comunità virtuale di attivisti online pseudoanonimi, che trascende l’estrazione religiosa ed etnica, che collabora con giornalisti e cittadini sostenendo la causa al mondo. Come la storia dei mercanti e dei ladri, la rivoluzione siriana ha infatti piantato un seme di speranza in molti dei siriani, e alimenta il sogno di un ritorno a casa per molti esuli ed espatriati.

Ma la natura storica delle cose dice che, se la Rivoluzione riuscisse domani, questa utopia alla fine giungerà al termine. I siriani dovranno affrontare la realtà di un’economia in crisi, l’amarezza e la divisione tra le famiglie e gli amici, possibili atti di vendetta e di ritorsione, e molti gruppi e individui reclameranno la rivendicazione della vittoria esponendo i propri trofei.

I racconti popolari come quello dei mercanti e dei ladri sono buoni meccanismi per ricordare alle persone il loro bene interiore – qualcosa che possono aver dimenticato durante gli anni di disagio e di oppressione. Tuttavia, nascondendosi dietro slogan romantici e racconti – forse necessari in tempi di rivoluzione – non si deve distogliere l’attenzione dai problemi profondamente radicati che ha la società siriana.

Mentre i siti di social media sono inondati da gruppi e le pagine che parlano di unità nazionale dei siriani abbondano, non si può negare che la discriminazione confessionale e sociale sono onnipresenti nella società. In realtà, essa precede il regime di Assad, che l’ha applicata e promossa nel corso degli ultimi 40 anni.

Le differenze religiose e settarie, così come i conflitti ideologici, non andranno via semplicemente cacciando un dittatore; sono questioni fondamentali che dovranno essere affrontati prima o poi. L’obbligo immediato di qualsiasi potere politico che sarà scelto per guidare il periodo di transizione (e il futuro) della Siria è quello di affrontare questi problemi potenziali ed esistenti: i conflitti tra ideologie di destra e di sinistra, la tensione esistente tra le sette e le città sulla partecipazione e il ruolo della Rivoluzione, gli atti di vendetta e i conflitti etnici, e i modi per promuovere la giustizia sociale che non emargini o porti altra ingiustizia a qualsiasi gruppo sociale esistente. Il mondo è pieno di esempi democratici e pluralisti che vanno guardati per imparare, pur mantenendo una visione localizzata delle caratteristiche uniche della società siriana.

La rivoluzione siriana tra fantasia, mitologia e reality